La Fortuna-Compare Crallino e Peppeddu

La Fortuna-Compare Crallino e Peppeddu

L’elemento della fortuna torna di nuovo protagonista in questo nuovo contu. Dopo l’esperienza del ragazzo che letteralmente “diede un calcio alla fortuna” nel racconto de “Su mazzamurredduu-il folletto vestito di porpora“, questa volta abbiamo a che fare con la Fortuna, quella con la F maiuscola, e con la più classica delle strane coppie . Compare Crallino e Peppeddu sono due personaggi agli antipodi: uno incredibilmente fortunato e l’altro, suo esatto opposto e per certi versi nemesi, incredibilmente sfortunato.

La Fortuna-Compare Crallino e Peppeddu

Compare Crallino vs Peppeddu

La fortuna-il contu

Crallino, vero re Mida del villaggio, non aveva mai avuto nessun problema. Qualunque fosse il suo affare, questo andava in porto. E, come si

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Compare Crallino

suol dire, i soldi non fanno la felicità e in compare Crallino cominciò a levarsi un senso di insoddisfazione. Vista la sua sfacciata fortuna, il risentimento della comunità cominciava a crescere. La sua fortuna non accennava a diminuire e gli affari-anche quelli più difficili-andavano sempre a buon fine. Un po’ per invidia e forse un po’ perché la fortuna doveva essere equamente distribuita, gli abitanti del villaggio non vedevano piàù di buon occhio compare Crallino.

Un giorno come un altro, sicuramente fortunato, Crallino si ricordò di un racconto che suo nonno gli raccontava quando ancora era giovane e spensierato. Come da tradizione il nonno raccontava, seduto davanti a sa forredda, i racconti che vengono tramandati da generazioni. La tradizione orale e il suo essere tramandata funzionò, tant’è vero che in compare Crallino rimase vivo il ricordo di quelle sere.

Nella mente di Crallino era rimasto vivo soprattutto il ricordo di una casa in zona Su Paris (zona Simbirizzi, sud-est di Quartu) nella quale risiedeva, secondo il racconto del nonno, la casa delle Fate. Era la dimora nella quale abitavano le dee della Fortuna e della Sfortuna. Ogni paesano aveva, in quel luogo magico, la sua protettrice. Ma solo la guardiana posta all’ingresso aveva il potere di fare entrare i pochi eletti ai quali si sarebbero manifestati quegli esseri magici.

Entra in scena Peppeddu, uno sfortunato solo e povero individuo.

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Lo sfortunato Peppeddu

Ognuno ha bisogno dei suoi quindici minuti di gloria ma forse, a uno sfortunato come Peppeddu, verrebbero negati pure quelli. Al contrario del compaesano, Peppeddu non riusciva a concludere nessun affare e spesso era costretto a cibarsi delle bacche che raccoglieva. Solo qualche volta, grazie alla benevolenza dei paesani, riusciva a mettere sotto i denti un tozzo di pane. Rappresentava l’esatto rovescio della medaglia di Crallino. E soprattutto odiava fortemente Crallino. Chi era costui per avere più fortuna di tutti? Perché un pizzico della stessa non poteva finire a lui? Avrebbe volentieri evitato quelle maledette bacche giornaliere. Sognava di poter mangiare pane tutti i giorni e chissà, magari una bistecca al mese. Magari avrebbe potuto nutrirsi con un cibo più prelibato e nutriente, soprattutto.

Ancora con in mente il racconto della Fortuna ben piantato nella sua testa, Crallino, nella sua fortunata infelicità, pensò di mettere alla prova ciò che il nonno gli aveva racontato. Voleva chiedere presso la sua Fortuna una sospensione dell’erogazione della sua benevolenza per poter mettere fine alla sua smodata e involontaria fortuna, e riconquistare almeno un po’ del favore dei suo compaesani. Pensò, per non fornire ulteriori motivi di critica nei suoi confronti, di chiedere l’intercessione di Peppeddu. Se si fosse recato personalmente, pensò, anche questa volta gli sarebbe andata bene. Incontrato per strada in un giorno qualsiasi e fatta la sua richiesta, ottenne la rispota negativa di Peppeddu. Non bastò, da parte di Crallino, la proposta di convincerlo donandogli due pani. Un po’ per orgoglio, ma più probabilmente perché apparteneva a quella schiera di persone che odiava Crallino, Peppeddu rifiutò e tornò a casa dalla moglie. Donna saggia la moglie, che lo convinse di quanto il pane sarebbe servito sulla loro tavola. Quelle bacche avevano stufato pure lei, e non si può che essere d’accordo con la sveglia signora. Pochi giorni dopo Crallino incontrò di nuovo Peppeddu che, questa volta, accettò l’incarico. Ma non senza subire le conseguenze del suo iniziale rifiuto. Crallino, risentito, questa volta gli offrì un solo pane che Peppeddu, questa volta un po’ più furbamente, dovette suo malgrado accettare. Forse ripensò alle parole della moglie o forse mise da parte il suo orgoglio (e odio). Nonostante tutto, anche in questa occasione, proprio fortunato non fu. In qualche modo però era felice di poter in qualche modo mettere fine alla fortuna dell’odiato compaesano, Peppeddu si mise in marcia verso la località di Su Paris, distante circa un’ora di cammino.

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La Fortuna, quella bella

Arrivato alla casa delle Fate, chiese alla Guardiana di poter conferire con la Fortuna di Crallino. Dopo una rapida occhiata al registro degli eletti, la Guardiana tornò con una ragazza alta e bionda, un essere quasi extraterreno, vestita d’oro e con occhi azzurri. Peppeddu, emozionato, balbettò la missiva di Crallino. Ma la risposta non fu quella attesa: la Fortuna, sorridendo, gli disse che ancora non aveva iniziato a riversare su Crallino i suoi favori. Peppeddu, simbolo della sfortuna, aveva fallito ancora una volta. Ma non si arrese,

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La Sfortuna

e chiese alla Guardiana di poter conferire anche con la sua Fortuna. Dopo un tempo di attesa che gli sembrò infinito, si alzò e vide in lontananza quello che non avrebbe mai voluto vedere. La Guardiana si stava lentamente avvicinando con andatura lenta e difficoltosa accompagnandosi a una fata vestita di scuro, vecchia, zoppa, senza denti e con gli occhi spenti e semichiusi. Una volta davanti a Peppeddu, con fare dispettoso e voce stridula lo apostrofò dicendogli:” che cosa pretendi figlio mio, ognuno ha il suo destino; c’è al mondo chi nasce fortunato e chi sfortunato. Tu oggi ti trovi nella condizione di essere sfortunato e quindi dovresti essere grato perché quando Crallino ti ha promesso il pane, dormivo. Se fossi stata sveglia, non avresti avuto nemmeno quello”.

Fortuna o destino: gli opposti

Ancora una volta abbiamo visto come Fortuna e Sfortuna si mescolino all’interno dei contus de Forredda. Crallino, evidentemente predestiato all’eterna e non poi così desiderata fortuna, è contrapposto alla sua nemesi povera Peppeddu. La sfortuna di quest’ultimo non ha fine, e nemmeno recandosi personalmente da colei che quel dono magico può distribuire, riesce a trovare un po’ di fortuna. Un caso diverso dal racconto de Su Mazzamurreddu, nel quale il giovane ignaro di cosa portasse quel folletto, lo calciava dando irrimediabilmente il famigerato “calcio alla fortuna”. In questo caso, i due protagonisti, la Fortuna (quella con la F maiuscola) vanno a trovarla personalmente a casa. Il paradosso avviene quando Peppeddu apprende che sull’odiato Crallino la fortuna non è stata ancora riversata. Pare non sia solo questione di fortuna, ma più di destino: quello che, in fin dei conti, è sfortunato per entrambi. Anche se in modo diverso.

La location della leggenda: Simbirizzi e la chiesa di Nostra Signora del Buoncammino

La località de Su Paris, nel territorio campestre di Quartu e location di questo contu, si estende fino a comprendere la zona dello stagno artificiale del Simbirizzi e, soprattutto, l’area nella quale si trova la chiesetta campestre di Nostra Signora del Buoncammino.

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Località Su Paris vista dal satellite (Google Maps)

Databile dopo il 1325 e non oltre il XIV secolo, la chiesa deve il suo nome alla Madonna Odigitria, cioè del Buoncammino, che aveva il compito di proteggere i viandanti e i pellegrini. Si trova su una piccola altura in prossimità del lago artificiale Simbirizzi e sorge vicino alla strada romana che passava verso il Sarrabus. Il culto della Madonna venerata come Nostra Signora del Buoncammino fu introdotto in Sardegna verso il 1585 dai monaci agostiniani spagnoli che fondarono alcune chiese e diedero vita  all’associazione dei “viatores” (viandanti). Tra i viandanti che pregavano la Madonna c’erano i “carradores” (carrettieri), il cui lavoro presentava dei pericoli. Proprio per questo la chiesa è anche conosciuta come “la protettrice dei viandanti”. Probabilmente costruita su chiesa preesistente (sono infatti presenti reperti tardo romani), fa della semplicità la sua cifra stilistica. Nella chiesa diNostra Signora del Buoncammino si festeggia, ogni 15 di Ottobre, la festa curata dal gremio dei bottai, resa celebre da Padre Francesco Hortolano che esortava i fedeli “al lustro e alla conservazione di questa chiesa rurale” .

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Prospetto forntale della chiesa

 

Il retablo custodito al suo interno

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Retablo all’interno della chiesa di Nostra Signora del Buoncammino

Con il termine spagnolo “retablo” si indica una pala d’altare, ovvero un’opera pittorica a sfondo religioso su pannelli lignei collocata sull’altare di una chiesa. Le prime vennero realizzate nell’XI secolo e ebbero un impulso decisivo nel XIII secolo. Le raffigurazioni all’interno dei pannelli rappresentano santi e scene dalla loro vita, apostoli e, al centro, solitamente la Madonna in trono o Cristo. Nello specifico del retablo della chiesa di Nostra Signora del Buoncammino, composto da undici riquadri e collocato nella zona absidale, troviamo le raffigurazioni dei santi Cosimo e Damiano e gli evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni, i santi Sebastiano, Lucia, Caterina e Rocco. Particolarmente interessante lo scomparto centrale che presenta la scena di uno scontro tra flotte, probabilmente riconducibile alla battaglia di Lepanto.

 

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La chiesa in versione 3D (Google Maps)

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Fonti:

Quartu Sant’Elena-Cento anni di storia di Cenzo Meloni

Illustrazioni e foto di Michele Marescutti

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